Titolo: The taste of love
Autrice: Marta Mancinelli
Genere: Romance contemporaneo
Pagine: 423
Serie: autoconclusivo
Formato: cartaceo ed eBook (gratis su kindle unlimited)
Prezzo: cartaceo 14,99€
eBook 2,99€
Data di pubblicazione: 26 maggio 2020
Trama:
Quattordici partecipanti, tre giudici, un solo vincitore.
In palio?
Un posto di lavoro nella brigata di uno dei migliori ristoranti della città.
Fra gli aspiranti chef c’è lei: Johanna Dixon. È una ragazza tenace e piena di speranze, pronta a conquistare la sua tanto agognata fetta di sogno. E poi c’è lui: Terrence Lee, prodigio della cucina e ben consapevole di essere il principe designato alla vittoria.
Nessuno dei due però sembra aver fatto i conti con le ferite nascoste dal grembiule… e soprattutto con quello scomodo organo palpitante che forse rischierà di buttare entrambi in un’arena ben più minacciosa.
Tra sfide prelibate e ricordi sgradevoli, ci sarà un posto in palio anche per l’amore?
Affilate i coltelli, abbottonate le giacche, accendete i fuochi: che Chef War abbia inizio!
Biografia autrice: Marta Mancinelli è nata nel 1992 a Treviso, città in cui vive con il marito e due gatti pestiferi, quando non li apostrofa con una parolaccia che inizia per S e finisce con I.
Il suo diploma all’istituto alberghiero testimonia un illimitato amore per la cucina – oltre che una conoscenza specialistica di ogni tipo di frusta… culinaria s’intende, per buona pace del marito.
Alla domanda “Cosa vorresti fare da grande?” non ha ancora una risposta, ma di sicuro sa cosa desidera mangiare ogni sera, il che non è poco.
Il tempo libero lo fa a fette sul tagliere della vita, alternandosi tra il lavoro, la famiglia, gli amici e la lettura.
È proprio grazie ai libri degli altri se oggi ha deciso di provare a scriverne, sperando che le ricette delle sue trame soddisfino i palati dei lettori più spensierati. A lei cucinarle diverte molto. Del resto: la penna è il mestolo più gustoso che ha trovato per ciò che bolle nella sua testa.

A leggere questo libro ho rischiato l’obesità… Ahahahha… Scherzo, però vi assicuro per certo che vi verrà molta fame! Entrare nelle cucine di Chef War è stato bellissimo, mi sono immersa nelle loro competizioni, nelle loro ricette, nei loro sentimenti e nei loro drammi. Mi ha fatto capire quanto un trauma possa essere fatale, oppure ribaltare le prospettive, tutto sta nell’affrontare le proprie fobie. Ho adorato tutti i personaggi che seppur secondari, hanno dato in giusto movimento e il giusto brio alla storia. I protagonisti sono Johanna e Terrence, due persone combattive e molto autoironiche. Lui un po’ troppo sicuro di sé, ma paragonabile a un dolce al cioccolato, ripieno di marmellata di more. Lei possiamo invece paragonarla al lievito, (riferimento puramente casuale, lo capirete leggendo il romanzo) un ingrediente essenziale per rendere una storia così fenomenale! Ho amato i loro battibecchi, le loro battute, il loro punzecchiarsi. Descrizioni impeccabili per quanto riguarda gli ingredienti trattati, si vede che la cucina è il regno dell’autrice. Una scarica di adrenalina ad ogni sfida, a ogni eliminazione. Insomma una marea di emozioni esplodono tra le papille gustative e nel petto. Spero che il libro vi piaccia com’è piaciuto a me. Chi vincerà Chef War? E domanda più importante, in amore vince davvero chi fugge?
Baci, baci Lisa.

«Il fumo intacca le papille gustative.» A parlare è Terrence Lee, che mi osserva da sotto il frontino di un cappello. Delle ciocche castane escono dai lati del berretto e tra le labbra sottili tiene un bastoncino di liquirizia. Espiro il fumo e mi siedo su uno dei tre scalini che separano il giardino dallʼuscio di casa. «Fumare mi rilassa.» «Fumare incide negativamente sul tuo giudizio culinario… e ovviamente uccide», brontola, dando un morso al bastoncino. Chissà perché non mi sorprende sapere che, tra la vita e la cucina, la sua priorità sia la seconda. «Sono sana come un pesce, e non preoccuparti per il mio senso del gusto. Sono ben allenata.» Mi punta lo sguardo addosso e percepisco un cambiamento di temperatura tutto attorno a noi, come se la sua presenza e la sua determinazione mi stessero facendo mancare il fiato. Cerco di mantenere il contatto visivo. Non ho intenzione di farmi intimidire da lui e tantomeno dalla sua fama –o almeno, da quello che Ellie mi ha raccontato. «Certo, Johanna», dice, marcando volutamente il mio nome. «Non metto in dubbio che tu sia brava in cucina, altrimenti non saresti qui.» Rimango leggermente sorpresa e i lati della mia bocca si alzano in un piccolo sorriso, imitate da quelle di Terrence, che ricomincia poi a parlare. «Però, un poʼ mi dispiace per te.» Butto fuori dalle labbra una nuvola densa di fumo e batto lʼindice sulla sigaretta per far cadere a terra la cenere. «Come mai?» «Perché perderai, prima o poi.» Scoppio a ridere e per poco non mi scivola via dalle dita la sigaretta. Oddio, ma chi si crede di essere? «E chi mi batterà, tu?», domando divertita. «Ovviamente», risponde, andando verso la porta dellʼentrata. «Sai, la cosa che amo di più al mondo, dopo un piatto ben riuscito, è la consapevolezza di essere il migliore. Perché, diciamocelo, so di esserlo.»
Mi gira la testa e sto andando nel pallone. Avrei bisogno dʼaria e magari di una sigaretta, visti i nervi tanto tesi. «Dolcezza, mi hai sentito?» Sbatto le palpebre e annuisco decisa. «Sì.» Terrence aggrotta la fronte e si gira verso Roger. «Finisci di mandare fuori questi piatti, io torno subito.» Deglutisco, respiro a fondo e noto che mi si avvicina. Quindi parto in quarta e comincio già a scusarmi. «Dammi due minuti e torno in me. Solo… non ero pronta a tutta questa confusione e mi sono deconcentrata.» Terrence alza un sopracciglio, mi afferra un braccio e mi trascina verso le celle frigorifere. Ne apre una, mi spinge dentro e socchiude la porta dopo essere entrato. Non ne capisco il motivo, ma almeno la temperatura mi dà sollievo e mi rinfresca il viso. «Ti sei calmata un poʼ?», mi domanda dolcemente, con una mano sulla mia spalla. «Non devi scusarti ed è normale avere questa reazione la prima volta che si mette piede in una cucina.» «Veramente?», chiedo, continuando a respirare forte. Lui allarga gli occhi e annuisce. «Io sono scoppiato a piangere.» Rimango due secondi immobile e poi gli rido in faccia. La visione di Terrence in lacrime che non sa dove sbattere la testa mi fa tenerezza e al tempo stesso mi fa piegare in due. «Oh, brava! Io ti svelo i miei più reconditi segreti e tu mi ridi in faccia. Ti ricordo che ero piccolo quando ci sono entrato la prima volta!», esclama, fintamente offeso. «Scusa», sussurro e provo a ricompormi. «Bene, possiamo tornare di là!» Terrence si sposta leggermente, quel che basta per farmi passare, e usciamo dalla cella. Roger ci aspetta a braccia incrociate. «Se avete finito di fare i piccioncini, ci sarebbe il servizio da continuare.»
«Bene, concorrenti», ci chiama Kate, felice di essersi tolta da davanti quelle cloche disgustose. «La dispensa resterà aperta per tutto il tempo della gara, quindi potrete prendere tutti gli ingredienti che volete, quando volete. Detto questo, avete due ore di tempo per presentarci il vostro piatto. Vi informo che, dato il mio odio per questo genere di alimento, oggi sarò molto critica. Presentatemi piatti dallʼaspetto invitante, altrimenti non li toccherò nemmeno.» Sghignazzo e annuisco, imitata da Kazuya, che è nella posizione davanti alla mia. A quanto pare anche i giudici hanno il loro punto debole. Sono sollevata al pensiero che la mia fobia per i frutti di bosco non sia poi così tanto anomala. «Alzate le cloche!», esclama dʼun tratto John, prendendoci alla sprovvista. Inspiro forte e, con le mani che tremano, alzo lentamente il coperchio in acciaio, rivelando unʼenorme fegato rosso scuro. Le mie spalle si rilassano e la tensione scema dal mio corpo, la fortuna sembra essere dalla mia parte. Nanny ed io lʼabbiamo già cucinato, e alcune ricette me le ricordo ancora. Potrei farci un paté, o tagliarlo e cucinarlo con cipolle e altre verdure… insomma, ci sono tantissime possibilità, quindi non dovrebbe essere un grosso problema superare la sfida. «Oh Dio», esclama Harley, davanti a Kazuya. «E io dovrei toccare questa cosa?» Mi sporgo in avanti, cercando di sbirciare quello che ha di fronte. «Cosʼè?» «Un cuore! Un enorme, sanguinolento cuore!» Scoppio a ridere. «Dai, non ti è andata così male.» «A me è andata peggio», borbotta Ellie dietro di me.
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