#Controllo Per Favore di Christine Zolendz
Autoconclusivo
Genere : Romance Contemporaneo Erotico
CE : Believe Edizioni
Pagine: –
Cover : Catnip Design
Impaginazione: Star Words
Data Uscita E-book : 10 AGOSTO 2020
Prezzo E-Book: 3.99€
Data Uscita Cartaceo: Settembre 2020
Prezzo Cartaceo: 15€
Link d’acquisto: https://amzn.to/3i212by
Trama:
Lascia le tue inibizione fuori dalla porta e fai diventare le tue fantasie realtà.
Tre settimane.
Niente regole.
Tutte le fantasie.
Tutto è permesso.
Lexa Novak non vorrebbe niente di meglio che lasciarsi andare e finalmente sperimentare tutto, quindi quando si presenta l’opportunità di farlo, non può rifiutare – e non intende farlo.
Ma cosa succede quando le tue fantasie diventano le tue realtà?
Scoprilo entrando nella Suite 269.
Citazione:
“Potresti pensare che abbia una mente sporca, ma è solo che sono esplicitamente creativo”
@Kavon #SessoInTesta
Biografia autore:
Christine Zolendz, è una scrittrice best-seller dell’USA Today, risiede a New York City con il suo detective preferito e le loro due bellissime figlie.
Ama leggere, scrivere, il vino e i caramel lattes.
Crede negli Unicorni.
Peccatrici eccomi di nuovo in carreggiata… Un romanzo veramente divertente, frizzante e molto fantasioso.
Sto parlando di Lexa e Jameson. Li ho adorati, ho amato il T9 di Jameson…. Mi ricorda una perso a di mia conoscenza. Ma sorvolando questo… Lexa è prossima alle nozze e presto scoprirà che il suo amato non le è così fedele come sembra. Si dedicherà all’agenzia in cui lavora, anima e corpo per non pensare a quel tradimento, a cosa può aver sbagliato. Ma presto incontrerà Jameson, figlio del direttore. Tra i due la scintilla è più che accesa, ma entrambi cercano di frenarsi e darsi un contegno. Ma quando lei decide di annullare le nozze, ma fare ugualmente la festa del suo “Non-matrimonio” le arriverà una proposta interessante. Tre settimane di puro svago, niente popò di meno che con l’uomo che sta tormentano i suoi pensieri, Jameson. L’unica domanda spontanea che mi sorge è se i due Riusciranno a frenare i loro istinti, la loro passione o i loro sentimenti. Posso solo dirvi che ci sarà da divertirsi, ma soprattutto, ci sarà da rodersi un pó il fegato! Che dire, io l’ho adorato… E voi? Ditemi la vostra opinione!
Baci, baci Lisa.
Non trovavo pace, continuavo a passare dal sonno al dormiveglia, ogni cinque minuti, nella testa mi si palesavano le immagini della sera prima. Ripetutamente mi svegliavo, poi mi addormentavo, mi aggrappavo alle lenzuola, lottando faticosamente con la realtà e mi addormentavo di nuovo. Il ciclo era esasperante.
Alle cinque di pomeriggio correvo verso il terminal cinque dell’aeroporto JFK, il mio bagaglio oscillava pericolosamente dietro di me. Dovevo avere l’aspetto orribile di una appena piantata dal proprio ragazzo e pronta ad uccidere, perché venni fermata dalla sicurezza per ben tre volte; in una di queste vinsi una perquisizione e il controllo in valigia per residui di sostanze esplosive. La mia geniale battuta per scherzare con gli agenti di sicurezza aeroportuale, sul fingermi arrabbiata per essermi dimenticata di imbarcare il solito carico di dinamite che normalmente porto con me in aereo, mi fece meritare una perquisizione completa. Urrà per me.
Pochissime persone capiscono il mio umorismo, ed è un vero peccato, perché non si rendono conto di quello che si perdono a causa di quelle scope che hanno su per il culo.
Gli agenti finirono così, a far ritardare il volo di dieci minuti a causa del mio spirito sarcastico poco apprezzato. Quando finalmente mi fu permesso di salire a bordo, un’assistente di volo, di giovinezza passata da tempo, si rivolse a me a labbra contratte, guardandomi male. «Dovrebbe scusarsi con tutti i passeggeri di quest’aereo». Sì, certo, ci penso un attimo, signora.
Aprii un’altra bustina di patatine e vi sbirciai dentro. Meraviglioso. Avevo comprato una bustina piena d’aria con dentro una sola manciata di patatine. Avevo bisogno di un dannato panino, o di una bistecca. Attaccato alla mia bottiglietta d’acqua, il mio sguardo scorse irrequieto lungo lo stretto corridoio. Il desiderio di capire cosa c’era di sbagliato in me era esasperante. Sono Jameson Holt, dannazione. Chiunque vorrebbe essere me, non viceversa. Strizzando gli occhi, schiacciai il pacchetto di patatine che avevo in mano.
Sentendo un rumore sul tappeto, sollevai lo sguardo.
Salve.
Cascate di meravigliosi capelli ondulati e corvini, labbra carnose e rosee, meravigliosi occhi blu. E indossava… Gesù… cosa aveva addosso? Una prostituta dell’albergo? Non era come le altre prostitute, però. Mi chiesi quale dei miei colleghi falliti avesse pagato per averla, e quanto, perché sembrava la prostituta più bella che avessi mai visto. Anche se devo ammettere che avevo visto solo la tossica all’angolo della 42esima strada a New York, con i denti neri e i buchi alle braccia.
Aspetta un secondo.
Ha un aspetto familiare.
Non è che…
È Lexa Novak?
Cristo, era perfetta.
Quella non era la stessa donna che avevo visto con i capelli tutti raccolti e cornificata dal ragazzo. Quella donna era meravigliosa. Non sapevo cosa guardare; quegli occhi erano ammalianti, insieme a quei capelli scuri che le incorniciavano il viso. La pelle liscia e le gambe lunghe.
Ho un vago ricordo di me che inciampo sugli scalini con James mentre ride accanto a me, e le sue mani attorno alla mia vita. Poi dei flashback di un’autista in un’elegante macchina nera e di edifici che ci passano accanto mentre brindiamo agli stronzi, alle puttane e alle nuove amicizie, mentre cantiamo delle canzoni sulla spazzatura da buttare via.
Le sue mani poi mi hanno aiutato ad armeggiare con le chiavi di casa. Ricordo braccia calde e forti che mi portano su per le scale. La porta della mia camera da letto. James che si appoggia al muro dicendo qualcosa del tipo: «devi prenderti cura di te, essere egoista per un po’. Dove tieni il pigiama? Ti aiuto a spogliarti».
«Davvero furbo, Holt», dissi ad alta voce.
Mi rivolse un enorme sorriso. Un sorriso che mi fece, se ricordo bene, lanciargli le mutandine. Ho un ricordo nebuloso della punta delle sue dita che si muovono in maniera stuzzicante, sulla sua faccia.
Penso di dover andar via ricordo che mi disse, restando lì, senza far alcun movimento per andarsene.
Okay. Pensai. Mi tirerò le coperte fin sopra la testa e piangerò a più non posso, ma questa volta non per colpa loro. E domani mattina, quando sarò sobria, mi farò una doccia e mi masturberò con il mio soffione pensando a te.
Merda. Spero di non averlo detto ad alta voce.
Non appena riattaccammo, composi un altro numero e cominciai a piangere mentre il telefono squillava. «Salve. Dream Wedding Planners. Come possiamo aiutarla?».
«Pronto? Laura? Sono Lexa Novak», dissi tra le lacrime.
«Ciao, Lexa! Siamo eccitati? Manca solo qualche giorno!», canticchiò, le sue parole piene di gioia. Avrei voluto uscire dal telefono e dare un pugno su quella sua gola allegra.
«Sì, a tal proposito. Devo annullare il matrimonio», dissi con una voce stranamente tranquilla.
«Se è uno scherzo, signorina Novak, non è molto divertente», disse con un tono di voce basso.
«Vorrei davvero fosse uno scherzo, Laura. Ma non posso proprio sposarmi ora».
«Beh, dovremmo spostarlo a un’altra data allora. Se annulli perderai tutti i soldi, ma se lo programmi per un’altra data potrei riuscire a conservare qualche caparra e…».
«Mi ha tradita. Non voglio sposarlo», scattai. Lei ebbe un sussulto e poi tossì delle scuse.
«Lexa, ehm… non possiamo annullare il matrimonio. Abbiamo speso cinquemila dollari di fiori, gli ospiti sono già in volo; devi prenderti qualche giorno per ripensare a tutto», disse esitante.
«Annullalo», dissi, stringendo i denti.
«Ehm… pagheresti tutto comunque, che tu ti sposi o meno. È troppo tardi per i rimborsi. Dovresti andare avanti con il matrimonio e risolvere dopo i tuoi problemi», sbuffò lei. «Ho giusto parlato al telefono con tua suocera stamattina e non c’era alcun problema, cara».
«Allora potrebbe sposare lei quel traditore bastardo di suo figlio», urlai nel telefono.
«Okay. Non facciamo nulla di avventato. Prenditi qualche giorno per pensare. Stiamo parlando di migliaia di dollari».
Riattaccai il telefono. Avevo capito perfettamente.
Stavo per perdere un mucchio di soldi per un suo errore.
Con gli occhi offuscati dal pianto, mi rannicchiai sul divano. Mi strofinai la faccia, cercando di ricordare una cosa qualsiasi della nostra relazione alla quale aggrapparmi. Non mi venne in mente nulla. Il mio sguardo vagò nell’appartamento e sorrisi. No, non mi venne in mente nulla. Sophia poteva averlo.