In collaborazione con Melissa Pratelli che ringrazio per la copia concessa
Buongiorno Peccatrici,
è uscito il 22 ottobre “DILLO ANCHE A ME”, l’ultimo lavoro in self publishing di Melissa Pratelli e dopo “Dillo alla Luna”, arriva finalmente la storia di Malcolm e Susan, gli amici di James e Raine.
Se nel libro precedente ero partita con un po’ di remore sui new adult, stavolta sono consapevole di ciò che sto leggendo, anche se oramai l’autrice riesce a stordirmi in ogni maniera. Ha un dono segreto oppure usa pozioni misteriose, ancora non ho deciso, ma sta di fatto che mi imbambola ogni volta.
Susan o Suse (per carità, non chiamatela mai Susie) è una frizzante diciannovenne che in attesa di partire per il college, inganna l’estate nella palestra dello zio: no, non fa sport, segue solo i clienti e gli abbonati e si adopera perché tutto funzioni a regola d’arte. O quasi.
Un atleta a tutto tondo è invece Malcolm, talentuoso giocatore di calcio in servizio ai Virginia Cavaliers, la squadra universitaria: la strada è già tracciata per diventare un professionista e il ritorno a casa non segna certo una vacanza dall’attività, anzi. Più tempo per allenarsi, mantenersi in forma e seguire una rigida disciplina. E tornare a sentire un cappio che stringe la gola.
Rivedersi a Fortville fa mettere le cose in chiaro: girarsi alla larga per non ricadere in un circolo vizioso che non porterà da nessuna parte. Lo sanno entrambi, eppure è più facile a dirsi che a farsi, specie quando nessuno dei due ha dimenticato le sensazioni provate e l’attrazione che punge l’aria ancora non ne vuole sapere di stare zitta.
Susan riesce a essere sfuggente quanto disponibile, tanto come Malcolm a risultare disinvolto ma al contempo riservato: la corrente sfrigola, è evidente, non la si può evitare, errore o non errore, e quando due scintille così cariche sono vicine, il fuoco è immediato.
Fine della storia.
“DILLO ANCHE A ME” è un romanzo pieno di inquietudini nascoste in cui l’ossigeno viene meno, la testa comincia a girare e le gambe traballano.
Si dà per scontato che i nuovi adulti abbiano il mondo in mano e mille opportunità da cogliere: è verissimo, ma quando la pressione aumenta il peso è quasi insostenibile. Non bastano l’energia, la costanza, il talento per rincorrere le proprie aspirazioni se poi fanno a pugni con le aspettative, le carenze, le repressioni e i silenzi. O quando si parla e non c’è nessuno ad ascoltare o a rispondere al richiamo.
Il romanzo si presenta con le caratteristiche misurate per un pubblico under: una coppia fresca e spigliata che si stuzzica, si sfugge ma che non può fare a meno di avvicinarsi; i frames hot, i colpi di testa, le battute pronte fanno il resto. Aggiungeteci lo sviluppo di emozioni intense, la gestazione di qualcosa di più profondo e una dose di tormento che non guasta mai.
Chiedetevi invece perché riesca a colpire anche una lettrice fuori target come me.
Intanto l’autrice è convincente ogniqualvolta si cimenta in questo settore: non rende i protagonisti più maturi di quello che sono e toglie quella patina di finta ingenuità che li renderebbe probabilmente infantili. Concede loro la vera età e li fa muovere di conseguenza, attribuendogli le dinamiche del loro tempo e la velocità con cui spesso bruciano le tappe. E in questo non c’è nulla di irreale o paradossale, parliamoci chiaro.
Il coinvolgimento e l’attrattiva che suscitano stanno nei loro percorsi di vita, nelle esperienze familiari e sociali, sportive o fuori da questi contesti: le personalità sono in via di definizione, ma certi investimenti esasperanti e giudizi mortificanti, possono alterare e squilibrare la loro trasformazione. Possono annaspare nel buio senza una valida linea guida, inciampare nei loro stessi piedi, perdere il controllo o ingoiare bocconi amari per non scatenare una rivoluzione.
Ma a volte bisogna fare un bel respiro, regolarizzare i battiti, prendere coraggio e fissare l’obiettivo: pallone sul dischetto e si calcia dagli undici metri un rigore che ha il sapore dell’emancipazione. E che spesso fa rima con libertà.
Buona lettura Peccatrici, ci vediamo la prossima volta.
Moira




